Si parlava sempre meno, quasi un rabbercio di strangolamenti gutturali annegati in devastanti suonerie,
in sommerse vibrazioni tra le patte e i tasconi.
Non era modernità, progresso, prometeico traguardo di ladri di gas naturale.
Nemmeno si poteva definire la fine del linguaggio costruito secondo analisi del discorso, tanto improvvisa giunse dalle steppe siderali del nichilismo acefalo, narcisista, ignorante e sufficientemente goffo e contorsionista d’avvinghiarsi, ofide attentatore dell'esofago, a cinture di pantaloni e di automobili a basse emissioni.
Il cucinare per vie deserte, brulicanti di umanoidi, si faceva cultura di masse ammassate nei sottofondi imperiali impregnati di vaneggiamenti pubblicitari, di aeriformi fritture miste, contaminazioni vegetali, carnali crudi tagli al sangue e minutaglie al vapore.
Mangiare, divertirsi, crepare in pace e in guerra bastava ad esprimere l’insondabile nelle budella, il contorno di anime impanate per una fagia illimitata al tritar di denti sotto vermiglie gengiviti e bombe al fosforo bianco.
Un irrefrenabile desiderio di uranio impoverito, di tramonto di civiltà, di festa continua malgrado il tracollo planetario, della stessa cromatura delle infezioni barbariche, non poteva esser meno disgustoso e indigesto di un mukbang, quanto virtualmente mefitico, deprivato di metafisico.
Un’aspersione di droni, missili ipersonici e metabisolfiti garantiva che le informazioni fossero vere e false contemporaneamente, per una sana e inconsapevole dissociazione cognitiva e gastroenterica.
Contro ogni previsione di antichi vati della fantascienza, contro ogni sensata profezia millenarista, non esistevano ancora trasmissioni di pensiero a distanza, di saperi ad oltranza, tanto meno di eredità tecnologiche atte a viaggiare a velocità superluminale, perché le generazioni precedenti avevano speso tutto, ma proprio tutto in algoritmi ludici, giocando e scommettendo su ogni sciocchezza che avesse un senso, un senso di nausea talmente profonda da garantire conati di vomito per un secolo in avanti.
Un futuro alle porte, secondo teorie dei giochi consolidate nei corridoi di atenei sterilizzati da ogni forma di virilità assortita, non c’era mai stato: in assenza della speranza, spirata nell’ultima rappresentazione ontologica dell’inesistente, desistere ed esistere si scambiarono di posto, e il risultato sconfinò in un’iperbolica cifra, un’incoerenza logica, un insistere di una frode antropologica e antropofagica tra il Big Bang e il Tik Tok: l’uomo.
♱servoinutile♱
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