lunedì 26 giugno 2023

Vorrei... un Dio più sostenibile

 

                                                



Che cosa sono io senza di Te se non la guida di me stesso verso l’abisso.
(S.Agostino - Confessioni, l. IV, 1-1)



(…) e nella gloria verrà a giudicare i vivi e i morti.
Il timor di Dio è una parafrasi ansiogena e ci si è affrettati a mutilarne la sostanza secondo un soggettivismo nevrotico che mal sopporta la via del pentimento, l’esperienza catartica del disprezzo di sé per i mali commessi, il desiderio di espiazione quale anticipatoria ammissione di responsabilità che non teme il castigo divino, anzi anela alla riparazione.
Atteggiamento duro, non certo giansenista, semplicemente: principio fondante dell’umiltà che evita il peccare, l’errare ripetuto sotto pena d’essere una diabolica perseveranza, quando si desidera sfidare la legge morale, dichiarandosi anarchici distruttori di qualsivoglia sottomissione alla corte celeste.
Negare il male e il Maligno.
Accettare acriticamente il riduzionismo simbolico della cattiveria umana, come semplice etologia deviata del mammifero uomo sorto dai gorghi del brodo primordiale.
Giudicare immaturo gran parte del deposito della fede cattolica.
Tirare per l’aureola i vecchi santi, cattivi maestri di una superata Teologia della Sofferenza. Rimettersi, invece, alle neosantificazioni politiche che insegnano la via della crescita del neocatecumeno quale prodotto sincretico di eresia e autoassoluzione.
L’imperfezione non è mai stata così perfetta.
Un Dio più sostenibile è finalmente alla portata del nuovo ecocentrismo egotantrico, un Dio tutta bontà e misericordia, un passivo perdonatore, così buono da esser fesso, così buono da essere ingiusto.


♱ servo inutile♱

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