giovedì 31 agosto 2023

Monasteri in vendita

 



E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa
(Mt 16-18)


È avvilente e doloroso leggere sull’Avvenire, con quanta disinvoltura ci si affretti a liquidare il patrimonio della Chiesa temporale, memoria imbarazzante secondo le odierne logiche del pensiero labile, poiché testimonianza della plurisecolare presenza regnante di Cristo in terra.

Il tutto condito con le ormai consuete e oziose grammatiche, quali: "… ripartire con un bagaglio leggero… più tende mobili e meno palazzi, più accampamenti e meno templi..." modellate su slogan pregni di superficialità e sciatteria teologica, degni di un congresso liberal-progressista sulla scorta del “non possiederai nulla e sarai felice”, coniato dal mefistofelico WEF (Word Economic Forum) tanto caro al transumanesimo d’accatto che imperversa tra Davos e Aspen.

Per giustificare il nuovo corso di cartolarizzazione della fede, si arriva a scomodare i Santi; e chi se non il fraticello di Assisi?

Ma quegli era un gigante della vera povertà e non del pauperismo umanitarista terzomondista di stampo cattocomunista, che fa delle chiese parrocchiali e di qualche malandato chiostro, dei dormitori o dei suk per odiatori seriali di Cristo da sbattere in faccia al SS. Sacramento, idolatrando e glorificando l’africana umanità migrante che cova dentro sé un desiderio insoddisfabile di rivalsa postcoloniale e di prodotti griffati, unici segni di inclusione al capitalismo del narcisismo e della visibilità a tutti i costi.

San Francesco è indegnamente tirato per il saio e utilizzato ad alimentare la retorica sulla chiesa degli ultimi, dei clandestini, degli esclusi e sulla secolare querelle a proposito della povertà di Cristo, e il suo nome non poteva che essere affibbiato a questo Papa che ha rifiutato di essere il vicario di Cristo per motivi chiari solo a lui o ai vescovi che lo teleguidano verso la rottamazione del cattolicesimo quale religione equivalente, se non inferiore, a qualunque altra, satanista inclusa.

Ritornando alla svendita all’incanto di monasteri e pieve, notiamo che il passo è brevissimo tra: "… far rivivere quei libri polverosi nelle case dei nuovi amatori che li compreranno" e le eresie medievali, inneggianti il pauperismo e il millenarismo di stampo dolciniano e dei movimenti apostolici, quali ofitiche vie volte allo svuotamento del depositum fidei, accondiscendendo una china populista che alimenta sentimenti di invidia e fastidio per le favoleggiate opulenze della Chiesa cattolica.

Tuttavia, gli stessi nostalgici del "camminare liberi e poveri", ma con redditi a sei cifre annuali, diventano abilissimi immobiliaristi, esperti sul come collocare sui mercati conventi, ospedali e scuole per ottenerne il massimo guadagno, ingenti somme di denaro oltremodo avvolte dall’opacità della loro destinazione d’uso, spingendosi a suggerire abili e scafate strategie da setacciatori di opportunità commerciali.

D’altronde, stringi stringi, non si esce dal paradigma della socializzazione delle perdite, in questo caso la scomparsa di un patrimonio immobiliare religioso insostituibile, e della privatizzazione dei profitti sottoforma di resort a cinque stelle.

In questa eterogenesi dei fini traspare - anziché preoccupazione e inquietudine per lo stato di allontanamento e crisi devozionale che vive in questo periodo la Chiesa - una certa malcelata soddisfazione per la tragica e fruttuosa opera di messa in liquidazione che si sta compiendo in questi tristi tempi.

                                                        Marcusenor






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