Se pertanto viviamo nello Spirito, camminiamo anche secondo lo
spirito. Non cerchiamo la vanagloria, provocandoci e invidiandoci gli
uni gli altri.
(Galati,
5)
Nell’elogio
della vita al contrario identifichiamo chiaramente le grammatiche
della pars destruens dello stato di crisi perenne.
Termini
entrati come mine metastatiche nel linguaggio e nella mente:
resilienza, inclusività, emergenza, sostenibilità.
Poco
alla volta il linguaggio modifica il pensiero e nel giro di un paio
di generazioni anche abitudini, codici ed etiche.
Lo
stato di crisi come propellente del progresso.
Così
lo spinoziano Einstein auspicava la messa in discussione della legge
eterna in nome di un sedicente e illusorio sol dell’avvenire.
I
risultati sono sotto gli occhi di tutti o di chi ha occhi per vedere,
ossia la legittimazione del nichilismo quale elemento fondante del
new brave world, grottescamente rappresentato da vacue
manifestazioni di buone intenzioni, sentimentalismi d’accatto,
indignazioni a scadenza.
Persi
nella rivoluzione permanente di trozkiana memoria, ci dimeniamo in
dieci centimetri di acqua in preda a emotività e ipocondrie di ogni
sorta.
Senza
Dio tutto è permesso: vivi meglio, costruisci e distruggi a tuo
piacimento nella migliore tradizione della società liquida.
Liquidamente
ti adatti per ben presto evaporare nel nulla da cui sei venuto.
I
principi, ovvero ciò da cui partire, diventano inutili zavorre da
abbandonare quanto prima in nome della libertà di esprimersi.
Tutti
si sentono in diritto di fare e volere tutto, a qualsiasi età e in
qualsiasi condizione, anche a costo di apparire inadeguati.
Il
senso del ridicolo è scomparso dall’estetica e dal comune senso
del pudore.
Un
applauso non si nega a nessuno, anche perché, un bel giorno,
potrebbe succedere a me di trovarmi davanti a quel pubblico, a
ballare scompostamente o a stonare cantando una mediocre melodia,
anelando al celebre quarto d’ora di celebrità evocato da Warhol.
Paolo
Sorrentino, in un racconto di qualche anno fa, chiosò: “ Morti i
semplici, ci siamo affacciati noi, torvi, sinistri, finto tenebrosi
del segreto della vita. Credevamo di essere diventati complessi, ma
eravamo ruzzolati solo nell’essere complicati”.
Nessun commento:
Posta un commento