mercoledì 10 maggio 2023

... e non abbandonarci alla tentazione?


Et ne nos inducas in tentationem


È di questi tempi il tentativo di "edulcorare" la definitiva e chiarissima espressione del Pater Noster, addolcendo il senso di un verso con una traduzione intesa a coniugare l’ “essere" e il “fare” cristiano.
La "tentazione" di sfuggire alla Legge eterna, condizione necessaria per la salvezza dell'anima; la "tentazione" di scivolare verso l'auto-assoluzione, giustificandosi in una sorta di restitutio omnium liberata da colpe e castighi.
Quante volte ci capita di essere chiamati a dar prova della nostra fedeltà alla Legge?
E quanto grande può essere il timore di non essere all'altezza della fede in Cristo, con fatti e comportamenti concreti, ma di esserlo solo a parole o con buoni propositi a cui non si da seguito, tanto da implorare il Signore affinché non ci ponga mai nella condizione di essere “introdotti alla prova”?
Il cristianesimo esige le buone opere, retti comportamenti, gesti di carità e di giustizia: ci chiede e non c' impone di rispondere alla chiamata, con il proprio senso di responsabilità e di coscienza, talvolta mettendo a repentaglio rendite di posizione e privilegi, rifiutando scorciatoie e furberie.
Ricordiamo le parole di San Paolo: “() quelli che mettono in pratica la legge saranno giustificati ()”. Legge scritta nei cuori dalla notte dei tempi, senza necessità di carte bollate o pubblicazioni in Gazzetta Ufficiale; Legge morale e civile, del giusto e del bene, luoghi dello spirito nei quali trovare il katechon.



                                                    Marcusenor




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