Se fossimo al termine del mondo, al capolinea di questo isterico viaggio genetico, vedremmo certamente miliardi di bipedi acefali immortalare, attraverso fotocamere a n milioni di pixels, l'ultima lingua di fuoco pronta a carbonizzarli tutti e a non lasciare traccia alcuna per il resto dell'eternità.
Nessuno potrà dire vittorioso, io c' ero.
La vita ritornerebbe, con tutta calma, verso livelli sempre più semplici, abbandonando la complessità che l' aveva fatta deragliare all' emergere della coscienza.
Ma questa mia astrazione non tarderà a venire.
Intanto, eccoci immersi nel tempio della dissacrazione chiassosa con effetti speciali, nei nostri regni di metallo, plastica e CGI, monetizzabili.
Dietro alle porte a vetri delle metropolitane, sotto le mani di un parrucchiere, mentre ci ingozziamo di morte per nutrire corpo e mente, mentre facciamo finta di ascoltarci, mentre sputiamo in faccia a qualcuno il distillato volgare dei veleni che abbiamo coltivato in vitro, in ogni nostra ghiandola affetta ormai da disinteresse cronico per l'essenza reale delle cose, noi, cose tra cose, siamo già morti nel resuscitarci virtuali.
Abbiamo ascoltato canti, inni, turpiloquio, veementi stridii anti-qualcosa.
Qualcuno ha sentito o ha creduto di udire Dio o il demonio o chissà quale apparizione mariana, sussurrargli parole buone, parole concilianti che gli consigliavano di andare dal suo vicino di casa per confidargli i suoi segreti, per aprire un cuore indurito con un piede di porco o una qualunque leva archimedea.
Chi ha ascoltato le orribili parole dell’oscurità fondamentale della vita e ha suonato il campanello del vicino, o ha accolto lo straniero simbolo del buonismo ecumenista, si è trovato un coltello nel fegato, una figlia stuprata, la cronaca nera scritta sul suo numero civico: nuovamente il nero che avanza, cromatico e genetico, perché l’umanità, cannibalica e cieca, invece di espandere luce, la divora, sentendosi pure a posto con la coscienza.
Ma l' essere al centro e non in sè stessi, è l' obbiettivo che la videocamera e la sua miniaturizzazione ha reso possibile, ha reso smart.
Specchiarsi nel proprio orrore, nel personale abisso, non era abbastanza?
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