Non io, ma Dio
Beato Carlo Acutis
I cristiani Padri del deserto non praticavano una vita ascetica affine ai monaci buddhisti.
Dalla sabbia ardente o gelida, dal sole, dalle stelle, dalle tempeste di polvere, dal rovente o siderale silenzio, traevano fede, facevano scaturire da se stessi l'acqua della vita, incessante adorazione di Dio; quindi un riempirsi d'amore, non la ricerca del sunyata, del vuoto, piuttosto il rifiuto delle vanità del mondo.
E una di queste pericolose vanità è la ricerca febbrile della vacuità che derubrica il creato a illusione, maya, parvenza d'ordine che verrà inevitabilmente riassorbita in un nulla anonimo, più algido dello zero assoluto.
Nel Castello Interiore di Santa Teresa d'Avila l'anima incontra l'Amato, Gesù Cristo, dando compimento spirituale e sensoriale al Cantico dei Cantici, summa teologica dell'estasi, poichè estatico è il moto cristiano della carità e della compassione, mentre la via del buddha è il distacco da gioia e dolore, vita e morte, odio e amore quale ottuplice sentiero verso la morte del senso senza senso, la morte dell'anima.
Nemmeno il bodhisattva, che dovrebbe essere l'ultimo stadio ascetico-pratico, prima dell'ingresso nel nirvana, è lontanamente simile al santo cristiano, resosi tale alla fine del percorso purgativo, illuminativo e unitivo con Dio attraverso la sua ecclesia: il Corpo Mistico di Cristo.
Il post-marxista ha abbracciato il buddhismo insieme all'economia della libidine con la stessa facilità con cui ha abbandonato la rivoluzione e il partito, per la quale non voleva sacrificarsi e per il quale non voleva anonimizzarsi.
Siccome, alla fine, il popolo non è Dio - ma solo una minima percentuale superricca di esso, lo è - il buddhismo, per l'iperclasse al potere, è la filosofia che meglio giustifica un' egolatria anafettiva e genocida, il Satana interiore sotto parvenza di un falso irenismo.
Il cammino cristiano, quello vero, invece, è un combattimento spirituale contro il Principe di questo mondo, è un' egomachia folle d'amore per Colui che si è offerto in sacrificio per noi, che trasforma l'essere, l'esistere e non lo annichila, anzi, gli dona senso e gli promette un paradiso di delizie, non un informe solvente d'ogni identità impermanente.
♱ servo inutile♱
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