(parafrasando Chesterton)
Il sinodo non è finito ma è solo all'inizio. Questa l'amara realtà di un procedere carsico attraverso vie malefiche.
La guerra spirituale che stiamo vivendo in questi ultimi tempi va combattuta a suon di preghiere, penitenze e offerte votive.
I "cavalieri delle tavole rotonde" sinodali troveranno sempre un katekhon a guastare i loro piani; Paraclito che guida l'ordine del bene e del giusto, opponendosi alla cultura del dubbio metodologico utilizzato per seminare incertezza, paura e dissoluzione.
Una Chiesa che abbraccia la società liquida e liquefatta, adattandosi ad ogni pié sospinto alle isterie del mondo secondo i principi del post moderno, del "pensiero debole e per i deboli".
Parafrasando Severino "una verità che non sa stare ferma non è una verità", riscontriamo le stesse fragilità in questa nuova Chiesa democratica, che non offre punti fermi, ovvero le certezze della Verità evangelica, che non si discute, non si interpreta e non si aggira cercando di evitarne la severità che è l'essenza di ogni confessione.
Ecco spiegato il motivo di tanta simpatia per le psicodottrine orientali, così accomodanti e plasticamente adattabili alla bisogna o per il protestantesimo modernista, politicamente corretto, desacralizzato e sterilizzato, ottimo da somministrare alla cultura materialistico consumista degli hollow man contemporanei.
Stride drammaticamente l'ipocrisia di chi si propone come sponda terzomondista e pauperista dal vago afrore comunista per finire col flirtare con i potentati finanziari dei colossi tech o farmaceutici. Una vertigine che si ripercuote nel vuoto spirituale di cui è profondamente malata la nostra società, dispersa in un maelstrom psicotico autoreferenziale del "farsi e salvarsi da sé", rivolgendosi disperatamente a soluzioni che non sono soluzioni, ad esperti e sacerdoti che dicono quello che il "cliente" vuole sentire e non ciò che è sano e giusto.
Non perdiamo la Via maestra della Croce, della redenzione, dei poveri di spirito perché di questi è il regno dei cieli.
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