… perché
se due o tre si riuniscono per invocare il mio nome, io sono in mezzo
a loro…(Mt
18:20)
Nel
tempo dominato dall'individualismo sfrenato, dalla competizione e dal
darwinismo
sociale emergono, sempre più forti, aristoteliche esigenze
comunitarie, o meglio, il naturale e istintivo bisogno dell'uomo di
sentirsi parte di una polis, intesa, come insegnava lo stagirita,
quale insieme di etica, tradizioni, lingua, costumi, suoni,
educazione e di tutto quel "sentirsi" parte di un'eredità
comune.
Fino
a qualche decennio fa, elemento fondante e denominatore comune fu
rappresentato dalla fede cristiana e da tutto il trimillenario
patrimonio culturale, teologico e filosofico che ha forgiato l'uomo
occidentale.
È
curioso osservare, come, nella stagione in cui si esaltano proprio
quei valori incarnati dal cosiddetto "miliardo d'oro",
costituiti proprio dall'etica cristiana, successivamente tradotti in
diritto positivo, si smantellino pezzo per
pezzo proprio quei principi, per l'appunto fondati sul profondo
rispetto per l'uomo, parte
essenziale della comunità spirituale.
Il
comunitarismo odierno assume sempre più i patetici caratteri di
esibizioni forzate dello stare bene insieme, costi quel che costi.
Dai
riti laici dell'inno stonato durante le partite nazionali, fino al
comunitarismo postconciliare composto di slogan, yoga della risata o
preghiere motivazionali.
Il
movimento "collettivista comunitarista” lo troviamo in ben
noti ambiti cattolici: marce,
giornate mondiali della gioventù, raduni scout;
per non parlare delle congreghe para-settarie in stile Bose,
comunione e liberazione o Taizé.
Aziende
e parrocchie, su fronti apparentemente opposti, organizzano lanci col
parapendio, percorsi psicoterapeutici o castagnate in Val Filzetta. Il
mantra del "dovere" civico e del rispetto per il prossimo
assume connotazioni sempre più grottesche, a fronte di un orizzonte
dominato da ipertrofici ego narcisisti, esaltati e adorati dalle
stolte moltitudini che adottano, quale unità di misura, il like,
il numero di visualizzazioni e la popolarità della divinità di
turno.
Marcusፒenor
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